Da tempo segnaliamo, finora poco ascoltati, un crescente attivismo di fascisti e neonazisti in montagna e il ritorno di una retorica “alpinazi” che vede nelle catene montuose barriere che preservino le disuguaglianza tra gli esseri umani, anziché luoghi dove salire insieme e incontrarsi, luoghi dove ribadire la presa del potere anziché luoghi di resistenza.
Dal canto nostro, abbiamo in odio le catene e la riproposizione di quelle retoriche che un secolo fa fecero delle Alpi un sanguinoso fronte di battaglia, dove si opponevano bandiere differenti rappresentanti il medesimo nazionalismo. Non a caso, in tanti, troppi, a partire dal 2015, paiono intenti a celebrare il centenario della Grande guerra più che a ricordarne l’assurdità e l’orrore.
I muri e le barriere, che in questi ultimi anni abbiamo visto ergere e fortificare a diverse latitudini, ripropongono e prevedono l’impiego di tutti gli arnesi retorici del nazionalismo: monti come muri figurati – da espugnare per conquistare e sottomettere chi vive sul declivio opposto o da difendere come quote e confini –, monti come «sacri e immutabili confini». Sono anni, questi che viviamo, segnati da un brutto fiorire di immaginari stonati che riguardano le montagne e la loro rappresentazione: drappi tricolori in Adamello, montagne ridotte ad altari alla patria, rievocazioni di battaglie ed eroismi arditi.
Non c’è da stupirsi allora se lugubri personaggi neri, novelli Muscadins, inneggiano a barriere, scimmiottano prese di potere, recintano luoghi. Sanno bene che la messa in scena troverà un pubblico tra la nutrita armata di sonnambuli che l’apprezzerà. Perché la retorica sporca di nazionalismo di cui poco sopra rappresenta una perfetto ambiente di cultura per gli “alpinazi”: il monolite ideale davanti a cui genuflettersi per i camerati è quello, ci si mimetizzano bene, ci si trovano a casa.
Per noi la montagna è altro, è innanzitutto luogo di memoria e di resistenza, di incontro e confronto. È solidarietà.
I monti sono attraversati da vecchie vie di commercio e scambio, passaggi tracciati da secoli di transumanza, dal contrabbando. Vi risuona l’eco di dialetti meticciati. Sono luoghi di diserzione e disertori, sono gli Ettore Castiglioni che salvano vite.
Con alcune performance e post di debunking da tempo abbiamo posto il problema, abbiamo cercato di disvelare quanto si cerca di mascherare, provato a inoculare anticorpi che reagiscano alla retorica delle montagne come barriere: abbiamo defascistizzato il Monte Učka, abbiamo denunciato la pagliacciata di Lealtà Azione sul monte Kenya e il loro tentativo di ridurre una figura come Felice Benuzzi a una macchietta ad uso e consumo del nazionalismo di ieri e di oggi, siamo saliti sul Matajur per raccontare squarci di Prima guerra mondiale e diserzione in occasione del centenario della Battaglia di Caporetto.
Sabato scorso – 21 aprile – c’è stato un salto di qualità nella strumentalizzazione nazi della montagna, e questo è male, seguito però da un salto di qualità nella risposta. I fascisti di Generazione identitaria, gli stessi ridicoli propagandisti del blocco nel Mediterraneo con la C-Star, si sono presentati, in pochi ma in pompa magna, al Colle della Scala. Ripresi da telecamere posizionate su elicotteri e droni da loro stessi noleggiati, agghindati in divise azzurre, logo stampato sulla schiena in bella vista, armati di reti da cantiere e striscioni, hanno inscenato una farsa che ha il sapore di un precedente pericolosissimo: posizionare una recinzione e tracciare ancora una volta il confine, limite invalicabile per chi non ha il passaporto “giusto” (se si è benestanti turisti muniti di sci i confini non esistono come esperienza reale). Hanno trascorso una mite giornata sulla neve, hanno mimato ronde e si sono fatti milizia al servizio dello stato francese, dato che nell’ultimo periodo la gendarmeria ha rafforzato la propria azione di sorveglianza del confine italo-francese, materializzando con la violenza di stato il confine, rendendone quasi impossibile l’attraversamento da parte dei migranti.
A proposito, si noti lo striscione e dove è stato esposto: gli arditi dell’alpe non distinguono le tracce di una valanga e non conoscono il pericolo di sostare in quella zona.
Un sabato terribile quello a cui si è assistito, ma non un sabato d’impotenza. La risposta, doverosa e urgente, non si è infatti fatta attendere. E così domenica è stata una gran giornata, segnata da una carovana antifascista che non si è limitata all’azione di testimonianza: appuntamento alle 12,30 a Claviere, da lì è partito un corteo di cui facevano parte numerosi migranti e che ha raggiunto Briançon, senza subire le intimidazioni della gendarmeria francese che ha tentato, invano, di sbarrare il passaggio del confine. Scavalcato il blocco francese e forzato il confine, la rete di Tous Migrants si è attivata per offrirgli solidarietà attiva.
Una giornata di gioia e riappropriazione. I gendarmi, impotenti, hanno dovuto far scivolare il flusso, l’argine è stato rotto e i monti son tornati ad essere quello che sono: ponti di scambio e condivisione, coi loro passi, valichi e colli.
In serata però la reazione tardiva quanto violenta della gendarmeria francese è esplosa: mentre gli “alpinazi” minacciavano di dare alle fiamme una struttura di riparo per i migranti, i flics si davano alla “caccia all’uomo” per le strade di Briançon, con l’obiettivo di farla pagare agli italiani noborders. Risultato: certi tre fermi di italiani e, ancora da confermare, quelli di un francese e di uno svizzero.
Il racconto di “prima mano” della giornata di ieri si può sentire – nelle parole di un manifestante – in un’intervista trasmessa da Radio Onda Rossa.
Da parte nostra, tutta la solidarietà a chi – ovunque si trovi – cerca di forzare le frontiere, ai e alle migranti che subiscono la violenza dei dispositivi repressivi che conosciamo col nome di confine.
Defascistizzare ogni rilievo terrestre, calpestare ogni confine, per la libertà di movimento!
Redazione_am
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Dopo la pubblicazione, nella giornata di ieri, del post, si è chiarita la situazione dei fermati a Briançon a seguito della manifestazione di domenica: due solidali e una solidale.
L’accusa è grave, «favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in banda organizzata». Oggi è prevista l’udienza di convalida degli arresti ed è stato diffuso un appello di solidarietà con i fermati e la fermata.
Tutta la nostra solidarietà a Eleonora, Teo e Bastien!
Redazione_am
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Segnaliamo che questo post è stato tradotto in spagnolo col titolo El regreso de la retórica “alpinazi” e pubblicato su El Salto, qui:
https://www.elsaltodiario.com/mapas/regreso-retorica-alpinazi-juicio-solidarios-antifascistas-briancon