L’associazione Re:Common da sempre si occupa di grandi opere inutili, distruzione dei territori, politiche energetiche.
Recentemente ha curato la pubblicazione di L’alleato azero, una graphic novel illustrata da Claudia Giuliani in cui è raccontata la storia di Khadija Ismayilova, giornalista che ha patito il carcere a causa del suo lavoro di inchiesta sugli interessi e i traffici di Ilham Aliyev, presidente azero, e della sua famiglia. Il 20 giugno scorso abbiamo intercettato Elena Gerebizza, che di Re:Common è parte integrante, al CSOA Gabrio di Torino e le abbiamo posto delle domande sulla questione TAP e su L’alleato azero.
AM: Del TAP si è molto parlato a proposito del suo approdo sulle coste pugliesi, ma il progetto prevede di rifornire Nord Italia e Centro Europa, passando inevitabilmente per l’Appennino. A che stato di avanzamento è il progetto su questa parte, e quali sono gli impatti previsti? È vero che il gasdotto passa nell’area interessata dal sisma in centro Italia?
EG: Il TAP si ferma a Melendugno, almeno secondo la descrizione “istituzionale”, cioè la descrizione del progetto data dai governi e dal consorzio TAP. La verità è che se uno guarda veramente cosa stanno costruendo, questo corridoio che nasce in Azerbaigian – e che dovrebbe nascere addirittura in Turkmenistan, ma per ora non sono riusciti a trovare un accordo – arrivato in Italia, da Melendugno prosegue verso nord e cambia nome e quindi la VIA (Valutazione di impatto ambientale) ha un iter diverso, però di fatto è un corridoio unico che quindi punta a prendere gas dall’Azerbaigian – e da altri luoghi forse, perché l’Azerbaigian non ha le riserve che sostiene d’avere – e trasportarlo verso l’Europa. Un’Europa abbastanza indefinita, perché di fatto non c’è un bisogno reale che motivi la richiesta di questo gas. C’è l’idea di costruire un grande mercato del gas in Europa, idea guidata non dalla valutazione reale di quel che serve in Italia e negli altri paesi dell’Unione Europea, ma piuttosto dall’idea del “costruiamolo così ci facciamo i soldi”, facciamolo perché siccome sta finendo il petrolio abbiamo bisogno di trovare un’altra merce da rendere una commodity, come viene denominata, in modo che possa essere una sorta di base materiale per costruire poi un ulteriore sviluppo dei mercati finanziari radicati sul commercio di gas.