Tempesta chiama tempesta, la quiete la precede
Partiamo con una constatazione: la giunta della Provincia autonoma di Trento (PAT), ha deciso che vuole far uccidere otto orsi l’anno. Otto a prescindere. Perché è la quantità che conta. Come per i voti che si vendemmiano atteggiandosi a sceriffi.
Ci eravamo occupati della questione orsi ai tempi della tragedia sul Monte Peller, la psicosi che era montata nei mesi precedenti alla morte di Andrea Papi, e che aveva occupato la stampa nelle settimane successive, non ha avuto seguito.
Era prevedibile.
Nelle valli del Trentino in questi mesi si è tornati alla routine, l’attenzione dei media è scemata. Della paura di essere sbranati non v’è più traccia, non si hanno notizie quotidiane di cassonetti devastati, di orsi che terrorizzano automobilisti in transito, di trentini barricati in casa senza poter vivere, lavorare, svagarsi.
Sono al momento scomparsi anche i giustizieri fai da te. Persone qualsiasi, non necessariamente “cattive”, sappiamo però bene che quando si inaugura una campagna d’odio è difficile restare lucidi, riflettere prima di agire, problematizzare. Gioco forza qualcuno si fa prendere la mano.
Talvolta solo sbraitando, altre volte mettendo a rischio la vita di esseri viventi, altre ancora passando alle vie di fatto, nel caso dell’orsa Amarena colpendo tra l’altro un essere che non creava nessun problema.
Oggi la cronaca ha smesso di esondare, è rientrata nell’alveo ordinario nel quale si trova a proprio agio: scava solchi in attesa di un’emergenza che le consenta di ergere nuovi confini. Riguardo ai problemi di impossibilità di sconfinamento degli orsi, causato della mancanza di corridoi per via dell’antropizzazione intensiva, tutto è rimasto come prima. Chi vive o frequenta il Trentino continua a incontrare orsi e muri, le criticità sono le stesse di prima. Nonostante i proclami della PAT le misure di arricchimento e formazione, di consapevolezza atte migliorare la convivenza tra animali umani e animali non-umani segnano ancora zero. Si tace in attesa che il prossimo caso possa riaccendere il focolaio.
Potremmo terminare qui, registrando il dato di fondo di una distensione generale del clima dal fronte umano, dicendo che non è cambiato nulla, che ci si trascina in assenza di misure utili alla cittadinanza e di autocritica da parte della PAT sulla gestione dei plantigradi. Fugatti resta al suo posto, rieletto nonostante abbia provato a costruire una narrazione di ordinaria follia su di un caso eccezionale, al solito, incurante delle continue lettere d’accusa del padre di Papi.
Tuttavia la mancanza di una riflessione adeguata e che non sia dicotomica, da una parte noi “umani”, dall’altra loro “gli orsi”, è sintomo di letargia. Cosa che è spesso foriera di nuovi tempi cupi.
Gli orsi liberi affrontano l’inverno “dormendo”, quelli problematici continuano a farlo tutto l’anno rinchiusi e sedati negli spazi angusti del Casteller, otto sono morti nel silenzio generale, tre di loro avvelenati.