di Mr Mill
Se diamo il paesaggio per scontato, non vediamo il conflitto;
se facciamo al paesaggio le domande giuste, evochiamo i fantasmi.
Il modo in cui i fantasmi si manifestano può aiutarci
a prevedere il conflitto sociale a venire
e lottare per dare una nuova forma al territorio.
(Wu Ming 1, Cantare la mappa)
Impronte in Adamello: all’origine della traccia
Il 18 dicembre 2016 i giornali locali bresciani riportano la notizia di una riunione tenuta a Edolo, in Alta Valcamonica. A indire l’incontro la tal associazione Impronta Camuna (“Migranti camuni a Brescia e dintorni”). La ragione quella di costituire un “comitato di coordinamento” per la realizzazione di due iniziative per l’anno del centenario della fine della Grande guerra: fare del Monte Adamello tutto un “altare degli Alpini” e, per “consacrarlo” idealmente a sacrario, posare temporaneamente sulla sua parete nord un drappo tricolore lungo mille metri e largo nove, subito ribattezzato “bandierone”. Il presidente dell’associazione Impronta Camuna – Roberto Bontempi – usa toni solenni nel presentare il progetto, accostando quello che dovrebbe diventare il sacrario adamellino all’Altare della patria, i caduti in Adamello al Milite ignoto:
È nato il Comitato che promuoverà le iniziative per far sì che la montagna dell’Adamello sia elevata ad Altare degli Alpini. È stata scelta questa denominazione, pensando al più famoso Altare della Patria a Roma, dove sono custodite le spoglie del Milite Ignoto. L’accostamento risulta più che appropriato: infatti da un’analisi approfondita le somiglianze sono evidenti. Sulle montagne del gruppo dell’Adamello si è combattuto durante la Prima Guerra Mondiale. Qui tanti ragazzi, gli Alpini, hanno dato la vita per il bene dell’Italia le loro lacrime e il loro sangue hanno bagnato questa terra, che li ha accolti tra le sue braccia. La consacrazione del massiccio dell’Adamello serve, perciò, a non far dimenticare il sacrificio dei nostri soldati. Vogliamo che i giovani lo conservino nella memoria perché sappiano quanta fatica e quanto dolore sono stati necessari per “fare l’Italia e per farci sentire popolo unito”.