Luigi D’Alife, attivista del centro sociale Gabrio di Torino, è un reporter freelance, autore di documentari dalla Siria e del lungometraggio Binxet. Sotto il confine (2017). L’abbiamo incontrato il 28 dicembre scorso per raccogliere a caldo il suo racconto e le sue impressioni di quanto sta avvenendo nei pressi di Bardonecchia, dove ormai da mesi molti migranti provano a oltrepassare il confine servendosi del Colle della Scala.
Nei giorni che sono trascorsi dall’intervista le condizioni meteo sono state alquanto variabili, vento, sole, pioggia, neve si sono avvicendati rendendo il percorso del Colle della Scala ancora più pericoloso.
La zona tra Bardonecchia Roubion e Névache in una mappa di OpenStreetMap.
Come dice Luigi nelle battute finali dell’intervista, vi invitiamo a seguire le pagine Facebook di Briser les frontières, e Tous migrants e partecipare alla camminata/ciaspolata solidale del 7 gennaio da Claviere a Monginevro, una manifestazione che ha l’obiettivo esplicito di mostrare quanto quel confine, altamente rischioso e respingente per la stragrande maggioranza dei migranti, sia permeabile a chi ha una tavola da snowboard, il denaro per l’abbonamento agli impianti di risalita e la pelle chiara.
Nel caso, assai probabile, di copiose nevicate e maltempo, la manifestazione sarà rinviata alla domenica successiva, seguite gli aggiornamenti. In ogni caso, tutte le persone che volessero partecipare sono caldamente invitate a dotarsi di attrezzatura adeguata.
Locandina della marcia prevista il 7 gennaio
AM: La settimana scorsa sei andato a Bardonecchia a filmare un po’ e a cercare di vedere com’è la situazione dei migranti che cercano di attraversare la frontiera. Cos’hai visto?
L: Partendo dal presupposto che ne seguo la storia, ne ho letto articoli, ne sento parlare ormai da quest’estate, ma pare che negli ultimi mesi il flusso va comunque aumentando, diciamo.
Siamo arrivati su assieme ad altri solidali di questa rete che si sta costituendo in Valsusa che si chiama Briser les frontières, siamo arrivati su verso le otto di sera, e diciamo che il punto di ritrovo, la base se così possiamo dire, è la stazione dei treni di Bardonecchia. Lì, nella sala d’attesa della stazione, abbiamo incontrato una decina di persone di cui la maggior parte provenivano dal West Africa ma c’era anche un gruppetto di ragazzi magrebini, appunto più o meno una decina di persone alle 8 di sera.
Alcuni quando siamo entrati nella sala d’attesa stavano provvedendo ad asciugare delle calze o le scarpe ai termosifoni perché, come poi ci hanno raccontato, avevano già provato il passaggio ma erano stati bloccati dalla gendarmeria francese e quindi rimandati in Italia al punto di partenza.
L’età media è bassa, sono tutti molto giovani, alcuni, un gruppo abbastanza cospicuo, sono minorenni. Ad esempio mi è capitato di incontrare, questo non in stazione, ma poco dopo, tre ragazzi che avevano tra i 15 e i 17 anni, tutti del Gambia. Loro però li abbiamo incontrati direttamente sulla strada che portava al Colle della Scala e quando li abbiamo incontrati a tarda sera, erano le dieci e mezza, ci hanno chiesto se li portavamo in stazione. Erano seduti per terra nella neve ed erano molto infreddoliti.
Naturalmente la stazione di Bardonecchia è un punto di passaggio dove si fa base per provare a passare il confine. Rispetto alla stazione di Bardonecchia c’è da dire che in modo un po’ assurdo la sala d’attesa viene chiusa intorno alle nove, nove e mezza di sera, e la cosa più assurda è che comunque rimane la luce accesa e il riscaldamento accesso al massimo, a palla, per cui tu da fuori, al freddo e al gelo, puoi osservare la luce ed il calore di questa sala vuota.
Intorno alle undici e mezza viene aperta una sala, sempre dentro la stazione di Bardonecchia, che da poche settimane viene gestita da questa ONG che si chiama Rainbow for Africa, che lì ha un punto d’appoggio per la notte con, credo, dieci o quindici posti letto, come appoggio momentaneo. In una stanza vicina invece hanno un punto di primo soccorso. Il problema è che tra il momento in cui viene chiusa la sala d’attesa e quello in cui poi viene aperta la questa sala dell’ONG le persone sono fuori al freddo. Questa saletta viene di nuovo chiusa alle cinque del mattino e le persone finiscono di nuovo per strada.