Ciò che non ho detto sulla Via Dei Montecchiani Ribelli
e su Toni Giuriolo, Luigi Meneghello, Gino Soldà, Giacomo Albiero, Luisa Muraro.
di Alberto Peruffo (guest blogger).
Ho conosciuto Toni Giuriolo a Campogrosso, molti anni fa, entrando al Rifugio dell’Alpe dove si fermano tutti gli scalatori e gli amanti delle montagne che salgono dalla pianura. Avevo circa vent’anni.
Senza prendermi sul serio, consideravo e considero lo “scalare montagne” la forma migliore, o perlomeno la più anti-accademica, di ribellione contro la linea orizzontale del nostro essere, la sedentarietà della nostra volontà, l’entropia che tutto chiama e che trasforma la vita, ogni vita, in un “classico” divenire. Casalingo. Poltronesco. Affamato di divani e di poltrone. Un necessario antidoto alle scuole, alle dottrine, alle fabbriche, agli stadi, agli schermi piatti, a tutte le istituzioni che vorrebbero chiudere dentro a specifiche stanze l’originaria libertà di ogni ricerca ed elargire impieghi, cattedre, premi, confezioni a destra e a manca per alimentare quel regime di stantio che tutti noi, nostro malgrado, annusiamo: il logorroico annuncio “istituzionale” del nostro finire. Se dentro a quelle stanze non si apre una porta per uscire fuori e alzare lo sguardo, siamo fottuti. Si muore seduti. Piegati. Piagati. Pagati.