La montagna, l’andare per sentieri, creste e vette, è “dentro” o “fuori” alla società in cui viviamo? Una discussione in costante evoluzione su molteplici sentieri, vie traverse e deviazioni, cresciuta all’ombra del nostro Manifesto e aperta a sviluppi…
Yamunin: Si va in montagna non per sfuggire alle contraddizioni della vita quotidiana, ma per tornare con “nuove armi” concettuali, narrative, pratiche con cui poterle affrontare. Ricordo che WM1 in uno scambio mi rinfrescò la memoria citando: «È possibile che io fugga, ma durante la mia fuga sto cercando un’arma.»(George Jackson, citato da Deleuze & Guattari in Millepiani).
Un’altra citazione importante per me è «Le linee di fuga non consistono mai nel fuggire il mondo, ma piuttosto nel farlo fuggire, come si fora un tubo.» Ora io credo che il modo di camminare che stiamo sperimentando e il tipo di narrazione che stiamo provando a fare sia questa foratura.
Ancor di più andando in montagna è il ritorno, con tutto ciò che comporta, uno dei punti cruciali. Un po’ come il viaggio per mare. C’è modo e modo di partire e modo e modo di tornare. Anche un ritorno eccessivamente triste, per la cima ormai raggiunta ecc ecc, può essere pericoloso.