Con la “ripartenza” post-Covid le montagne verranno aggredite più di prima, questo è per noi – ahinoi – scontato: impianti sciistici e montagna divertimentificio, ché il settore turistico ha bisogno di riprendersi (quel che non ha potuto accumulare in questa prima parte del 2020).
Ma in particolar modo – mentre nel frattempo c’è chi vuole rendere legale lo sterminio dei lupi e scoppiano incendi di cui nemmeno si parla (svariati sull’Appennino durante l’estate) – tra Recovery fund e altre prebende ripartiranno tutte le grandi opere inutili e imposte.
E l’Entità – «Descriverla? E come, se era invisibile? Soltanto alla luce del giorno, mettendo bene a fuoco, si sarebbe potuto intuire un nucleo in movimento, vibratile, una sorta di fitto vortice, mulinello di incomunicabilità e grumi di miti logori. L’Entità, gonfia di potenza, aveva sfondato una finestra e si era subito diretta a Venaus.» [Wu Ming 1, UVCNPB] –, che dalle grandi opere trae linfa vitale, sappiamo che alberga anche tra le montagne, dove ha lasciato già profonde ferite negli ultimi anni, non solo in Valsusa (giusto un esempio, qui).
E se le montagne sono vittime d’aggressione, chi le abita lo è allo stesso modo, anche se a volte, è bene dirlo, le vie dell’iniquità e della prevaricazione sono così stratificate nel tempo e segnate da infiniti e subdoli svincoli che ci si può perdere e scambiare la vessazione per opportunità.
In Valsusa i segni dell’Entità all’opera abbiamo imparato a riconoscerli grazie alla caparbietà del movimento No Tav, che per non perdersi nel cammino – e con la cura di non perdere nessunx per strada durante il cammino – ha scelto la via del conflitto sociale, della conoscenza condivisa del territorio (di vita e) d’azione. L’Entità più volte è stata costretta a indietreggiare, a effettuare ritirate strategiche. Nonostante questo sappiamo che al movimento No Tav non è mai stato perdonato l’affronto di non voler svendere la valle ed è calata più volte la violenza dal braccio armato dell’Entità e di chi cammina con la legge sulle nostre facce. La scorsa settimana l’ennesimo episodio di repressione, con l’arresto e la traduzione in carcere dell’attivista Dana Lauriola, condannata a due anni di carcere. E, nella medesima giornata, l’arresto dell’attivista Stefano Milanesi.
Zero Calcare
Esprimiamo la nostra solidarietà a Dana ingiustamente incarcerata (ingiustamente per le ragioni giuridiche riportate in questo articolo e come mette nero su bianco perfino Amnesty international), a Stefano e a tutto il movimento No Tav. Per l’ennesima volta è in atto il tentativo di stringere il movimento No Tav all’angolo dalla repressione.
Nelle righe che seguono riportiamo alcune testimonianze e riflessioni condivise nel retrobottega di Alpinismo Molotov.
Segnaliamo, prima di lasciarvi alla lettura di queste riflessioni a più voci, che per scrivere un messaggio a Dana qui trovate le indicazioni su come farlo.
A sarà düra!