MR MILL: Segnalo un articolo di Roberto Marchesini pubblicato su il lavoro culturale che verte su di un argomento che incidentalmente è uscito alcune volte nelle nostre discussioni: la caccia, o meglio l’attività venatoria.
L’articolo è interessante perché si concentra sulla decostruzione degli argomenti giustificazionisti di questa attività:
Retoriche di caccia. Una riflessione del filosofo Roberto Marchesini sull’attività venatoria.
SIMONE: L’articolo è molto interessante e sono d’accordo quasi su tutto. Solo su una cosa storgo un po’ il naso, sull’affermazione «caro cacciatore, non spari per mangiare ma semplicemente per divertirti». Io sono otto anni che non mangio animali e ho un carissimo amico che va a caccia. Più volte ci siamo confrontati e scontrati sull’argomento.
È vero, moltissimi cacciatori sono armaioli il cui fucile serve solo ad alimentare la loro virilità, moltissimi altri giocano al tiro a piattello e non hanno nessun rispetto per la natura che li circonda. Esiste però una minoranza, certamente silenziosa e che rappresenta l’eccezione che conferma – ma forse non giustifica – la generalizzazione della regola, che ha un rispetto profondo per i boschi in cui passa le giornate in cerca di una preda (si potrebbe opinare – a ragione – dove sta il rispetto profondo della natura se ammazzi animali in una lotta iniqua e prevaricatrice. Già, ma qui passiamo forse a un altro piano del discorso). Questa minoranzissima ama il contatto con la natura, spesso ha una conoscenza approfondita degli alberi e degli animali e ha una caratteristica specifica: nella sua vita ha deciso di non privarsi del consumo di carne animale.