“Assembramento” è la parola che abbiamo forse ascoltato di più negli ultimi tempi. Ma di che cosa parliamo quando parliamo di assembramento?
Secondo l’ordinanza emanata lo scorso 21 marzo dal governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana, per esempio, un’ammenda fino a cinquemila euro è prevista per chi non rispetta il divieto di “assembramento” nei luoghi pubblici (fatto salvo il distanziamento, si intende). Assembramento o adunata sediziosa? Considerando la pena, sembra ormai non esserci una grande differenza.
Eppure, almeno guardando certe foto che hanno circolato parecchio negli ultimi giorni, sembra che le strade italiane siano piene di “assembramenti”? È davvero così? O si tratta di persone che esercitano il loro pieno diritto a camminare, a respirare, a esercitare qualche segnale di vita al di fuori delle quattro mura in cui sono detenute da un mese?
Solo pochi giorni fa si è detto invece qui di come non sia difficile offrire una prospettiva distorta di un’immagine, anche senza troppi effetti speciali e far passare per un – oddio! – assembramento quello che, più probabilmente, e per ragioni del tutto fisiologiche, altro non è che una via centrale di un agglomerato urbano non deserta.
In questi giorni ci sono arrivati moltissimi racconti, talmente tanti che abbiamo deciso di tenerne un po’ per una prossima puntata. Nessun assembramento ma tante rivendicazioni solitarie del diritto inalienabile di muoversi nello spazio. Non proprio solitarie. Nel racconto di R. si parla di una passeggiata fatta da un padre e un figlio piccolo. È già stato detto che i bambini sono stati i grandi assenti nel caotico susseguirsi di divieti & decreti. Come è stato scritto su Facebook da un nostro contatto: A un certo punto, per un quarto d’ora, mia figlia ha avuto gli stessi diritti di un cane”, il tutto nel bel mezzo di una confusione al limite del grottesco.
Come ha scritto l’antropologa Rosa S. nell’articolo sopra citato:
Chi si occupa delle paure di questi bambini? Chi si occupa di rispondere alle loro domande? Le loro vite procedono sospese, appese ad un balcone [quando c’è, ndr] in attesa di un futuro “ritorno” che appare sempre più lontano.
Sta di fatto che poco o nulla sappiamo dei modi in cui le più piccole e i più piccoli stanno vivendo una condizione che somiglia per più di altri agli arresti domiciliari.
Per questo vi chiediamo di raccontare le vostre evasioni con i più piccoli, reali o anche immaginarie.