Ho deciso di leggere Aria sottile dopo aver visto il film Everest ed essermi trovato perfettamente d’accordo con la recensione pubblicata qualche settimana fa su Alpinismo Molotov. Mi è venuta voglia di leggerlo perché si intuiva che, affogati nella lattiginosità hollywoodiana, c’erano pezzi di sostanza totalmente diversa, ben più consistenti ed interessanti; ho messo alla prova l’intuizione e ne sono contento, perché Aria sottile è uno splendido racconto, con tanti punti di forza e pochi punti deboli. Qui di seguito proverò a descrivervi gli uni e gli altri, cercando di rovinare il meno possibile la lettura, anche se è impossibile evitare del tutto gli spoiler.
Aria sottile, così come Everest, racconta la spedizione che portò all’evento conosciuto come “disastro dell’Everest”, spedizione di cui Krakauer faceva parte. Va evidenziato che il libro nasce come estensione di un già ampio reportage pubblicato sulla rivista Outside commissionato prima degli eventi e che era la ragione stessa della presenza dell’autore sul posto.
Il primo punto di forza del romanzo è che, al contrario del film, appare scritto con la volontà di spiegare la dinamica dei fatti. Nel film in tutta la giornata cardine della vicenda ci sono solo tre luoghi riconoscibili: il campo 4, la vetta e l’Hillary Step. In ogni occasione in cui i protagonisti si trovano in un punto diverso risulta difficilissimo capire dove siano e spesso anche identificarli nei vortici di neve non è agevole, mentre nel libro la trama scorre molto più comprensibile, per quanto possibile data la situazione caotica e la difficoltà dei testimoni a ricordare lucidamente quegli eventi. Come racconta l’autore:
Durante la fase di documentazione chiesi ad altre tre persone di raccontare un incidente a cui avevamo assistito tutti e quattro in cima alla montagna, e non riuscimmo a raggiungere un accordo neppure su fatti essenziali come l’ora, le parole che erano state pronunciate, o addirittura l’identità dei presenti.