Purtroppo, annotiamo, non ci stupiamo che argomenti di dibattito come questo, che meriterebbero la conoscenza e la diffusione dei dati scientifici in tema, siano invece presentati solo negli aspetti che solleticano paure e timori. Vende più la riproposizione di antichi luoghi comuni – «Aiuto, aiuto! Il lupo!» – che una seria e documentata riflessione che permetta al lettore di acquisire strumenti di conoscenza e, quindi, consapevolezza su ciò che accade nel territorio in cui vive.
L’esploratore che è in te ha proprio bisogno di Google Maps?
Martina: Vi segnalo questo progetto della Sender Films con Google: http://www.google.com/
Non riesco ad elaborare una riflessione, ma l’interesse di Google per la montagna credo sia indicativo di un trend… e un po’ mi turba.
Abo: Un punto d’inizio per una riflessione critica si può ripescare qui: Google Maps Trek libera l’esploratore che c’è in te?
Di questo tema se ne è parlato – a più voci – anche nella puntata di Picchi di frequenza registrata domenica 7 febbraio alla festa di Ape Milano, che si può ascoltare in streaming qui.
Raccontare con parole nuove una storia centenaria: APE Milano festeggia i 4 anni d’attività
Intervistato a proposito del suo libro PCSP per il sito illavoroculturale, Alberto Prunetti, a riguardo del recuperare e mantenere viva la memoria di storie del passato, ha dichiarato:
Bisogna usare le storie vecchie per inventare le storie nuove, come scriveva Gianni Rodari. E queste storie vecchie, speriamo che rimangano nuove a lungo, fino a quando altri le useranno per raccontare altre nuove storie.
Prunetti si riferisce con queste parole al ruolo del cantastorie, la sua esortazione si rivolge all’atto del narrare, in forma scritta od orale. Noi crediamo, sulla scorta di queste parole di Alberto, che recuperare e mantenere viva la memoria attraverso la narrazione, liberandola al contempo dal peso della retorica che vi si è cristallizzata addosso, non sia e non debba essere necessariamente né un’attività riservata ai soli narratori né pura rappresentazione.
D’altronde Alpinismo Molotov è nato con la convinzione che il camminare per sentieri che poggiano sui declivi e il raccontarne poi scrivendone collettivamente sia l’occasione per diseppellire asce di guerre, ossia storie che possano divenire armi nelle battaglie della quotidianità, strappandole dagli archivi e dalla narrazione cristallizzata del già raccontato.
Alpinismo Molotov (vi manda a fare) Inc.
Da: Antonio
Oggetto: Articolo per Alpinismo Molotov
Spett.le staff di Alpinismo Molotov, mi chiamo Antonio C**** e vi contatto per conto della M****** Media, una web agency che sta conducendo una campagna per alcuni clienti specializzati in vari settori. Per conto di un cliente stiamo cercando siti e blog disponibili a ospitare al proprio interno un articolo (ovviamente con argomenti inerenti al vostro sito) che presenti al suo interno un link che rimandi al sito del nostro cliente. La scrittura dell’articolo è a nostro carico, voi dovreste semplicemente copiare e incollare tale articolo sul sito. Per quest’operazione da pochi secondi il cliente ovviamente è disposto a pagarvi, i soldi poi vi verranno inviati via bonifico bancario una volta che il pezzo è online. Naturalmente vi invieremo prima il testo dell’articolo in modo che voi possiate controllarlo e dirci se è di vostro gradimento. Tale articolo comunque non sarà esplicitamente pubblicitario ma un articolo normale in linea con gli altri articoli presenti nel vostro sito. Qualora la collaborazione sia seria e vada a buon fine, siamo disponibili con il tempo a pubblicare periodicamente articoli pubblicitari a pagamento sul vostro portale.
Oltre alla vostra disponibilità ci interesserebbe sapere a quale prezzo sareste disposti a pubblicare l’articolo.
Resto in attesa di un vostro riscontro.
Grazie e cordiali saluti, Antonio C****
Everest 1996 e Anatolij Bukreev. Un hasard objectif molotov
di Mr Mill
Ci sono eventi che diventano perno per una molteplicità di narrazioni, sia per stile che per punti di vista. Quando si tratta di eventi tragici avvenuti in montagna spesso quel che si legge tra le righe dei primi resoconti giornalistici ha il tono sensazionalistico, per poi virare su quello scandalistico nel momento in cui si procede nel tentativo di individuare il fattore unico e determinante – magari nella carne e nelle ossa di un o un’alpinista – della tragedia, in un giochetto che ha poco senso giacché si svolge tutto ex-post. Arrivano poi le ricostruzioni più circostanziate, scritte da chi è in possesso degli strumenti conoscitivi minimi per interpretare fatti che si sono svolti in situazioni e luoghi di cui non tutti hanno conoscenza, né diretta né, spesso, nemmeno mediata (escludendo i superficiali articoli di cronaca di cui sopra). I protagonisti coinvolti in prima persona in uno di questi eventi forniranno da subito materiale per l’elaborazione di queste prime – e già tra loro eterogenee – narrazioni sotto forma di interviste o dichiarazioni, ma solo con il passare del tempo arriveranno a proporne un personale racconto completo. Per ultime capita che vengano prodotte narrazioni in cui l’evento d’origine diviene un semplice pretesto per la costruzione di una narrazione che sappia sedurre il gusto del grande pubblico, in cui le ragioni conoscitive vengono annullate e la complessità mistificata.
Le narrazioni di quel che accadde nel maggio 1996 durante la discesa dall’Everest da parte di tre spedizioni commerciali, in cui persero la vita tre alpinisti, ben rappresenta la dinamica sopra descritta. Nell’arco di poco tempo su Alpinismo Molotov sono state pubblicate due recensioni che riguardano diverse narrazioni di quei tragici fatti: quella del film Everest scritta da Martina Gianfranceschi (qui) e quella proposta da Roberto Gastaldo del best-seller firmato dal giornalista-scrittore-alpinista Jon Krakauer dal titolo Aria sottile (qui). Niente più di un caso, in Alpinismo Molotov non era stato programmato di affrontare questi diversi punti di vista a riguardo dei fatti che si svolsero oramai 20 anni fa nella zona della morte sull’Everest. Allo stesso modo io non avevo programmato la lettura della ricostruzione da parte di Anatolij Bukreev – che fu una delle guide di una delle tre spedizioni coinvolte nei fatti – scritta a quattro mani con il giornalista Gary Weston Dewalt. L’essermi trovato tra le mani questo libro – dal titolo Everest 1996 – non ho potuto non interpretarlo come un hasard objectif molotov e pertanto, senza attesa, l’ho letto di gran lena. E ora ne scrivo.
Sulle retoriche di caccia, dieta e responsabilità
MR MILL: Segnalo un articolo di Roberto Marchesini pubblicato su il lavoro culturale che verte su di un argomento che incidentalmente è uscito alcune volte nelle nostre discussioni: la caccia, o meglio l’attività venatoria.
L’articolo è interessante perché si concentra sulla decostruzione degli argomenti giustificazionisti di questa attività:
Retoriche di caccia. Una riflessione del filosofo Roberto Marchesini sull’attività venatoria.
SIMONE: L’articolo è molto interessante e sono d’accordo quasi su tutto. Solo su una cosa storgo un po’ il naso, sull’affermazione «caro cacciatore, non spari per mangiare ma semplicemente per divertirti». Io sono otto anni che non mangio animali e ho un carissimo amico che va a caccia. Più volte ci siamo confrontati e scontrati sull’argomento.
È vero, moltissimi cacciatori sono armaioli il cui fucile serve solo ad alimentare la loro virilità, moltissimi altri giocano al tiro a piattello e non hanno nessun rispetto per la natura che li circonda. Esiste però una minoranza, certamente silenziosa e che rappresenta l’eccezione che conferma – ma forse non giustifica – la generalizzazione della regola, che ha un rispetto profondo per i boschi in cui passa le giornate in cerca di una preda (si potrebbe opinare – a ragione – dove sta il rispetto profondo della natura se ammazzi animali in una lotta iniqua e prevaricatrice. Già, ma qui passiamo forse a un altro piano del discorso). Questa minoranzissima ama il contatto con la natura, spesso ha una conoscenza approfondita degli alberi e degli animali e ha una caratteristica specifica: nella sua vita ha deciso di non privarsi del consumo di carne animale.