Si parla diffusamente, ma mai abbastanza, dell’importanza delle donne curde dello YPG in funzione anti ISIS. Non solo per il loro apporto materiale nella azioni di guerra ma anche per il ruolo simbolico e per la reazione che i soldati del califfato hanno nell’incontrare combattenti donne. Non deve essere stato molto diverso dal senso di sbigottimento e rabbia che i fascisti del Battaglione M IX Settembre (M stava per Mussolini, il 9 settembre perché si costituirono all’indomani dell’armistizio), impegnati nelle azioni antipartigiane nell’Appennino Centrale, provarono nel trovarsi di fronte partigiani “negri” sul suolo italiano. Perché questo avvenne nel corso della Resistenza sulle pendici del Monte San Vicino, nelle Marche.
Sul Thabor. Un racconto
di Yamunin
Partenza e arrivo:
Grange di Valle Stretta – Névache (Francia)
Quota di partenza: 1765m
Quota massima: 3178m
Dislivello: 1450m
Tempo di salita: 6 h
È una giornata d’estate. Il fine settimana lavoro in una pizzeria in cui accolgo i clienti, riempio boccali di birra e imparo a portare ai tavoli tre piatti per volta, con relativa pizza. Il lavoro va avanti fino alle due di notte, poi c’è la passeggiata notturna de-faticante con i miei cani. Il resto dei giorni è fatta di studio, passeggiate, ricerca di un nuovo lavoro, scrittura, lettura dei classici del giallo. Bunker, Le Breton, Manchette soprattutto. Crimine e montagna nel Piccolo blues di Manchette.
Una sera il circolo è interrotto da una telefonata di Diserzione:
– Ciao.
– Ciao, disturbo?
– Figurati, come va?
– … senti, che ne diresti di andare in montagna?
– Quando?
– Pensavo di andare sabato e…
– Sabato lavoro, scusa t’ho interrotto.
– Beh, ecco, c’è la mia ragazza che vuole andare a fare una camminata sul Thabor, di notte.
– Ah.
Inverno 2015: temperature alte e precipitazioni assenti
L’anno 2015 risulta essere stato il più caldo a livello globale da almeno un secolo e mezzo, i ghiacciai sulle Alpi hanno subito nuovi arretramenti e paiono confermarsi le nefaste previsioni che danno oramai la loro presenza con i decenni contati. Dopo aver in tempo reale commentato le condizioni climatiche e meteorologiche anomale dell’inverno appena passato nel back office di Alpinismo Molotov e prima che il suo ricordo sfumi e si faccia vago, abbiamo chiesto a Luca Bonardi – responsabile del Comitato scientifico del Servizio Glaciologico Lombardo e geografo presso l’Università degli Studi di Milano – di rispondere ad alcune domande, nel tentativo di avere una lettura informata e che non fosse legata alle sole percezioni individuali e alle dinamiche meteorologiche locali.
Prima di lasciarvi alla lettura dell’intervista segnaliamo la pagina web relativa alla prima puntata della trasmissione televisiva Scalamercalli, ricca di link a banche dati e rapporti sul clima globale, sui ghiacciai alpini e nel mondo.
Ringraziamo Luca Bonardi per la disponibilità.
Buona lettura.
Zigzagando sul confine italo-francese. Récit dal Sentiero degli Alpini
Partenza e arrivo: Rifugio Colla Melosa, m. 1540 s.l.m.
Distanza: km. 16 (percorso ad anello)
Dislivello complessivo: m. 600 ca.
Tempo di percorrenza: h. 6 (3 + 3)
MARTINA: 2 agosto 2015. I presupposti per una splendida giornata ci sono tutti. La nostra avventura verso il Sentiero degli Alpini sembra cominciare sotto una buona stella (e un sole fantastico) quando incontriamo Mariano a Imperia per partire alla volta del Rifugio Colla Melosa, a Pigna, dove incontreremo il resto del gruppo.
Peccato che dal livello del mare ai circa 1500 m. di Colla Melosa, le mie fantastiche previsioni di una splendida (splendida!) giornata verranno disattese, e ovviamente Mirko, il mio compagno, darà la colpa a me: «Hai urlato “Al sole” troppo presto!» Almeno non sudiamo: un’estate torrida e noi con le giacche a vento – se non è culo questo…
Il tempo comunque non guasta il piacere della mia prima uscita Molotov: riuscire finalmente a mettere un volto e dare una voce a quei nomi letti in centinaia di email è fantastico. Sembra un po’ di conoscersi, anche se non ci siamo mai visti prima, le chiacchiere vengono facili e cominciano subito quando ci avviamo verso la Fontana Itala che segna l’attacco del sentiero.
FILO: Miriam, mia figlia, in montagna cammina. Ha una particolare predilezione per i sentieri accidentati, quelli dove creature della sua altezza si devono aiutare con le mani. Ma ha poco più di tre anni e dopo un po’ si stanca: a quel punto tocca fermarsi o caricarsela in spalle. Ci sta: a noi piace riscoprire boschi e sentieri attraverso i suoi occhi, i suoi commenti e il suo passo. Certo c’è da mettere in conto che i tempi di percorrenza raddoppiano. Ma a volte ci prende la voglia di tornare a camminare al nostro passo di adulti.
Qualche nota sulla “voragine” delle Olimpiadi di Torino 2006, vista dalle valli di Susa e Chisone
Su Giap è stato pubblicato un interessante post di Maurizio Pagliassotti sulla genesi ed eredità delle Olimpiadi di Torino del 2006. L’articolo merita di essere letto, per l’accuratezza e la completezza dell’analisi che propone, e vi invitiamo a farlo. A noi, più orientati alla montagna che alla città, sembra di poter aggiungere qualche elemento salendo di quota: in particolare guardiamo a val di Susa e val Chisone, i cui territori furono ampiamente coinvolti da quelle olimpiadi; meglio andò alla val Pellice, interessata marginalmente.
Questo post è stato pensato come una serie di note sparse a integrazione al post di Pagliassotti, non contiene quindi un discorso organico ma si limita a segnalare alcune criticità che, in occasione delle Olimpiadi, segnarono – e segnano tutt’ora – la val di Susa e la val Chisone.
Alpinismo Molotov saluta Gigi Alippi, buon viaggio
«Passano gli anni. L’anno scorso vengo a sapere che un’ottantina di “cordate” hanno scalato il Torre: addirittura, un alpinista è salito in cinque ore e mezza.
Questo lungo inverno sovente ho guardato riguardato mentalmente il film dei ricordi. Sento dentro di me tristezza pensando al Torre ridotto alla frequentata cresta Segantini della mia Grignetta.
Laggiù ho lasciato il mio fisico rimediando un lungo esaurimento, ma in modo particolare la mia anima.
E ancora rimbalza una domanda: “Gigi, cose sei stato al Torre a fare?”»
Apriamo questo breve post con le parole che Gigi Alippi ha scelto per chiudere il racconto della sua vita da montanaro, alpinista ed esploratore, narrata nel libro Il profumo delle mie montagne (Alpine studio, 2014).
Con rammarico siamo a dare la notizia che Gigi Alippi è deceduto lunedì 28 marzo, dopo che un malore l’aveva colto nel mese di febbraio. Su Alpinismo Molotov avevamo raccolto il suo parere sul ripristino della denominazione Denali di quello che era conosciuto come McKinley, la montagna più alta del Nord America che Alippi conosceva bene avendola salita nel 1961 lungo una via inedita sul versante sud, con la spedizione dei Ragni della Grignetta guidata da Riccardo Cassin.
Alpinista tra i più forti della sua generazione, Alippi ha scalato un gran numero di vette — dalle Grigne al Cervino, dal Bianco al Rosa, passando per Dru, Badile, Disgrazia, Tre Cime di Lavaredo, Grand Capucin e Lothse, solo per citarne alcune — ed è stato un punto di riferimento per più generazioni di arrampicatori, in particolar modo nell’ambiente lecchese. Un articolo, a firma Renato Frigerio, che nel porgergli l’ultimo saluto ne riepiloga la carriera lo potete leggere qui, su planet mountain.