“The serene side of Slovenia” – Il Carso isontino dopo gli incendi dell’estate 2022
C’è un giornalista infeltrito che ogni volta che ha freddo e deve mettersi il loden, poi per rappresaglia scrive un elzeviro in cui inveisce contro i gretini che credono nel riscaldamento globale. C’è anche una certa quantità di persone che gli va dietro. E c’è la reazione standard degli attivisti climatici, o anche solo delle persone di buon senso, che replicano più o meno così: il riscaldamento globale è appunto globale, quindi va valutato globalmente e non sulla base di osservazioni locali. Tutto giusto, ma non basta. Non basta perché è troppo astratto. L’alfabetizzazione scientifica è in generale molto bassa, in Italia e un po’ ovunque, e di certo non ha aiutato a migliorare la situazione l’uso demenziale della “scienza” come manganello durante la pandemia (in realtà, l’uso di una serie di proposizioni apodittiche e prescrittive infiocchettate in un linguaggio che suonava scientifico). Il fatto è che però il riscaldamento è ben visibile anche nelle osservazioni locali ed empiriche, e se si vuole convincere le persone della gravità della situazione bisogna insegnare loro a leggerne i segnali sul proprio territorio.
Lo scorso dicembre in tutta la pianura padana occidentale si sono avute a più riprese temperature massime sopra i 20 gradi. Effetto del foehn, certo, che ha soffiato con raffiche record sopra i 200 km/h. Ma il foehn non è il Vento dal nulla, è una delle manifestazioni dello sconvolgimento climatico. E infatti dopo il foehn è arrivata l’inversione termica, e l’anomalia si è spostata in quota. Forse vale davvero la pena cominciare a mappare i territori, per toccare con mano gli effetti dei cambiamenti globali nelle loro ricadute locali.
Prendiamo ad esempio le Alpi Giulie.
La scomparsa del ghiacciaio del Triglav: 1912/2011/2020
Sulle Alpi Giulie il 2023 è stato di gran lunga l’anno più piovoso degli ultimi venticinque (i dati di temperatura e precipitazioni del presente articolo sono consultabili qui). La stazione meteorologica di Triglav-Kredarica (a 2515 metri s.l.m.) ha registrato 3016 mm di pioggia (e neve sciolta) nel corso dell’anno. Per fare un confronto, nel 2022 si erano registrati 1710mm e nel 2021 se ne erano registrati 1940. La media del periodo 1991-2020 è di 2059mm. In precedenza l’unico anno paragonabile al 2023 era stato il 2000, l’anno della frana che distrusse Log Pod Mangrtom, con 2519mm. La quantità di acqua caduta nel 2023 è impressionante, soprattutto se si osserva il dettaglio delle precipitazioni, che risultano concentrate in pochi giorni, in particolare durante l’estate e l’autunno. I picchi di piovosità corrispondono alle alluvioni che a più riprese hanno devastato la valle della Soča e la Slovenia centrale tra luglio e ottobre. Le precipitazioni nevose invece sono da anni in costante diminuzione, e tendono a concentrarsi in aprile-maggio. La neve bagnata di maggio si scioglie rapidamente a giugno, senza che ci sia il tempo perché si compatti in ghiaccio e formi riserve di acqua durature.
Precipitazioni a Triglav-Kredarica: media 1991/2020; 2022; 2023. Dati in mm
Il 2022 per contro era stato un anno caratterizzato da una siccità estrema, cominciata già nell’autunno del 2021. A luglio i fiumi del bacino dell’Isonzo erano già secchi dalla sorgente alla foce. Nella zona a sud di Gorizia i pesci morivano a migliaia sui ghiaioni asciutti, perché la poca acqua disponibile veniva deviata nei canali d’irrigazione (si veda ad esempio questo video prodotto da un’associazione di pescatori sportivi). Nell’estate del 2022 il suolo asciutto e la vegetazione secca, insieme al sovraccarico infrastrutturale della periferia di Monfalcone, erano stati la causa principale di una serie di incendi di vastissime proporzioni, che avevano ridotto in cenere migliaia di ettari di bosco sul carso isontino. Nemmeno la montagna era stata risparmiata dagli incendi, in particolare nella zona della Val Resia, nelle Prealpi Giulie.
Siccità e incendi nella zona di Gorizia nell’estate del 2022
Questa altalena pluviometrica si inserisce nel contesto di un aumento generalizzato delle temperature nella regione alpina. I dati sulle temperature medie annuali registrate nella stazione di Triglav-Kredarica a partire dal 2000 mostrano una chiara tendenza all’aumento:
Andamento della temperatura media annuale a Triglav-Kredarica nel periodo 2000/2023
L’andamento della temperatura risulta ancora più preoccupante se si analizza il dettaglio del dicembre 2023: a fronte di una prima metà del mese nella norma (-6,2 gradi), la seconda metà del mese è risultata completamente fuori scala, con massime fino a 7 gradi, e una temperatura media del periodo 16-31 dicembre pari a -0,3 gradi.
Il riscaldamento, del resto, è visibile a occhio nudo: il piccolo ghiacciaio del Triglav è quasi scomparso, e a dirla tutta nel 2019 è stato ufficialmente declassato a nevaio. Il regime dei corsi d’acqua, alimentati ormai più dalle piogge che dallo scioglimento delle nevi, sta diventando sempre più di tipo torrentizio, con lunghi periodi di magra alternati a piene improvvise e distruttive (vedi il nostro post su acqua e ghiaccio). La conseguenza più subdola è l’abbassamento progressivo delle falde, poco visibile a un occhio distratto, ma ben presente ai contadini della bassa, che ogni anno devono scavare più in profondità per intercettare l’acqua nei pozzi. Le piogge torrenziali concentrate in pochi giorni hanno pochissimo effetto sul ripristino delle falde, perché l’acqua scorre via verso il mare senza avere il tempo di penetrare nel sottosuolo.
La Soča a Kanal in condizioni normali e durante la piena del novembre 2023
Si troverà sempre qualcuno che se ne uscirà dicendo che non c’è nessuna siccità, che l’acqua in realtà c’è, ma “loro” la tengono nascosta. Che la colpa delle inondazioni è degli ambientalisti che si oppongono alla regimentazione dei fiumi. Che il cambiamento climatico c’è, ma non è causato dall’inquinamento, bensì dalle macchie solari o dalle scie chimiche. Alla fine anche tutta questa gente toccherà il reale, e forse si renderà conto che le vere scie chimiche sono quelle che escono dalle ciminiere delle raffinerie, non dagli aerei fantasma degli ambientalisti. Che i “poteri forti” sono le compagnie petrolifere, i miliardari dell’high-tech, il complesso militare-industriale, e non i rifugiati climatici. Che se non si cambia tutto, saremo noi i prossimi rifugiati climatici.
Mareggiata a Trieste nel novembre 2023
tuco
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Segnalo questi due articoli sulla scomparsa del ghiaccio nelle zone palustri e lagunari alla foce dell’Isonzo, e sulle conseguenze di questo mutamento del clima sulle migrazioni degli uccelli.
https://www.rainews.it/tgr/fvg/articoli/2024/01/ambienti-lagunari-sempre-piu-caldi-9f0975df-63f3-4ae9-b409-9a2bad38dc7d.html
https://www.rainews.it/tgr/fvg/articoli/2024/01/cambia-il-clima-nuove-specie-di-uccelli-in-arrivo-82bf7350-5b11-42bc-b8f6-4dc386afcf4a.html
tuco
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Dal locale al globale. E’ uscito su Nature un importante studio che chiarisce il nesso tra attività umana, aumento delle temperature e drastica riduzione della copertura nevosa, con conseguente crisi idrica.
Evidence of human influence on Northern Hemisphere snow loss
https://www.nature.com/articles/s41586-023-06794-y
“our results emphasize that human-forced snow losses and their water consequences are attributable—even absent their clear detection in individual snow products—and will accelerate and homogenize with near-term warming, posing risks to water resources in the absence of substantial climate mitigation”
davide gastaldo
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In Val di Susa, teatro del natale a 20 gradi e con raffiche di vento sopra ai 200 km di cui si accenna nel post, l’inverno sta – nuovamente – latitando. Il mio comune mi aveva abituato, fino a pochi anni fa, a ripetute imprecazioni mattutine per ghiaccio e neve da rimuovere dall’auto stando stabilmente a -5º/+2º per svariate settimane, nel periodo tra dicembre e febbraio.
Oggi, 25 gennaio, a Mompantero ci sono 26 gradi abbondanti, boccioli di fiori, uccellini che cinguettano, mosche e vespe che svolazzano gaie. Questo inverno è il più caldo che rammenti, come lo era stato lo scorso, e lo sarà credo il prossimo… Il che sarebbe anche piacevole, non fosse sintomo di un cambiamento climatico profondo che non è più all’orizzonte, ma hic et nunc. Un fenomeno che non ritengo sia più contenibile e che obbligatoriamente cambierà, anzi già sta cambiando, le nostre vite. La sfida immagino ora sia, assieme al limitarlo al massimo, tentare di gestire in maniera intelligente e conscia quanto esso vada a modificare, e non esserne semplici “vittime”.