Le storie e il modo con cui queste vengono raccontate da Matteo Melchiorre nei suoi libri sono immuni da essenzialismi e derive spiritualistiche. Un’ulteriore conferma l’abbiamo avuta direttamente dalla sua viva voce nel corso della presentazione de La via di Schenèr, nel giugno scorso, durante la nostra festa Diverso il suo rilievo ad Avigliana, dove è parsa evidente la risonanza tra le nostre rispettive vedute. La sua è una ricerca con i piedi ben saldi sulla roccia del materialismo, il suo procedere è sempre esplorativo, scova e segue tracce con un andamento che è un movimento continuo, in fuori e in dentro, in dentro e in fuori. Lui, storico d’archivio di formazione e mestiere, quando presta la sua penna alla narrativa porta con sé la consapevolezza che quella che a volte può apparire un traccia promettente da seguire, a volte non porta da nessuna parte, oppure porta dove non ti saresti mai aspettato portasse. In ogni caso, un’esplorazione che vale sempre lo sforzo di essere – con eleganza e rigore, come è proprio di Melchiorre – raccontata.
Da alcuni mesi è nelle librerie il suo Storia di alberi e della loro terra (Marsilio), un oggetto narrativo non identificato, che oltre a miscelare romanzo, saggio, ricerca storica, rielabora in un ulteriore movimento in dietro e in avanti l’esordio letterario di Melchiorre, quel Requiem per un albero pubblicato nel 2007 per le Edizioni Spartaco. Di Requiem per un albero ne ha scritto il nostro “alberista molotov”, Filo Sottile, e in una frase ha sintetizzato il nocciolo della riflessione che Matteo Melchiorre ripropone, dopo una lunga e profonda revisione e riscrittura (auto)critica, in Storia di alberi e della loro terra:
Il libro ritrae un’assenza, il suggello di un’epoca, l’incombere di un nuovo corso.
Con Matteo Melchiorre, le cui opere narrative raccontano di uomini e donne che vivono nelle montagne, crediamo di condividere inoltre altro, in primis quella constatazione che viene esplicitata (e di cui viene ricostruita la genealogia) in Le montagne della patria da Marco Armiero: seppur il territorio italiano sia prevalentemente segnato da rilievi, la narrazione dominante è quella – è sempre stata quella – della pianura e del centro.
E ancora – per citare un altro libro che rimane per Alpinismo Molotov un punto di riferimento, Tristi montagne di Christian Arnoldi – che questa narrazione dominante mistifichi la realtà sociale del vivere nelle montagne, che è una dimensione estremamente complessa all’interno della quale convivono spazi esistenziali molteplici, modalità di interazioni plurime.
Noi siamo convinti che dai lembi in rilievo del territorio sia possibile scorgere tendenze e fenomeni in modo molto più netto e chiaro di quanto sia possibile fare se si sceglie come punto d’osservazione privilegiato quello della narrazione dominante, ma anche che per farlo sia necessario sabotare la lente dell’esotismo che distorce la visione e mostra le montagne come uno dei tanti miti dell’altrove, ribadendo a ogni occasione che «la vecchia montagna di sempre» è un’invenzione.
Per tutte queste ragioni giovedì 22 marzo 2018 (ore 20,30), presso la Libreria Puntoacapo di Pisogne (Brescia), discuteremo con Matteo Melchiorre del suo ultimo libro allargando lo sguardo e confrontandoci a partire da alcune domande: cosa significa oggi vivere tra le montagne? Quali sono i cliché e le narrazioni tossiche dell’immaginario legato alle montagne? Chi sono oggi i montanari?