Si sono svolte nel fine settimana appena passato le iniziative «Adamello – Vetta Sacra alla Patria», in questo post avevamo raccontato l’evoluzione del progetto dal dicembre 2016 fino a gennaio 2018. Ci pare doveroso un aggiornamento e proporre alcune riflessioni a caldo, anche perché se già all’inizio di quest’anno il progetto era stato ampiamente ridimensionato per ricomporre il vario Comitato promotore dopo le proteste e le polemiche sul forte impatto ambientale che avrebbe avuto la realizzazione del progetto iniziale, l’effettivo svolgimento delle celebrazioni si è caratterizzato per un ulteriore ridimensionamento degli sfarzi annunciati per questa cerimonia e il tutto si è svolto in tono minore.
Volevano un bandierone da un chilometro, hanno (mal) steso un tricolore di 50 metri per 9 appena sotto la vetta (versante sud); volevano il Presidente della Repubblica, hanno avuto un assessore regionale; volevano le Frecce tricolori, hanno avuto il sorvolo di tre Tornado militari decollati dall’aeroporto militare di Ghedi; puntavano a un evento che avesse un respiro nazionale, ma anche la copertura dei media è rimasta largamente ancorata alla dimensione locale.
Scarponi di un alpino liberati dal ghiacciaio in Adamello
Quella che invece risulta confermata, nonostante gli sforzi degli organizzatori di ammantare l’iniziativa di spirito di fratellanza tra i popoli che durante la Grande guerra si fronteggiarono lungo il fronte adamellino, è la narrazione degli eventi bellici, plasmati a uso e consumo del presente, dove gli “eroi” di un secolo fa – e quelli ricordati, senza mai nome e cognome, sono sempre eroi, anche se a guerreggiare ci erano finiti obtorto collo, portati in trincea con la forza coercitiva dello stato – sono arruolati oggi per rafforzare una rappresentazione della storia d’Italia priva di punti di rottura e di conflittualità. Non è un caso che il nocciolo duro del comitato promotore sia composto da militari, in servizio o a riposo: l’Esercito italiano si è sempre dimostrato solerte nell’autoassolvere le proprie gerarchie da ogni responsabilità (per le migliaia di uomini mandate al macello per la conquista del nulla, come per le decimazioni ai danni degli insubordinati) e nell’autorappresentarsi come elemento di continuità statuale resistente a ogni rottura della storia.
Vogliono «tramandare la memoria delle grandi tragedie del passato», ma il passato che raccontano è un tempo astorico.
A volte la cattiva coscienza diventa evidente, come nelle parole del Presidente del Comitato promotore, l’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, pronunciate davanti alle telecamere di Teletutto a margine della presentazione dell’evento svoltasi presso la Prefettura di Brescia il 5 luglio:
Via i nazionalismi ma non le bandiere, perché come ho detto l’Europa deve appoggiare fortemente sull’identità di tutte le nazioni partecipanti. E l’Europa che forse volevano i caduti probabilmente non era l’Europa dei banchieri, né quella delle quote latte, né quella delle quote migranti, ma un’Europa più coesa, più politica, più capace di sviluppare un’autonoma politica estera.
La Grande Sbornia Nazionalista che quest’anno toccherà un suo punto culminante non ha bisogno di un governo amico pronto a spargere – per poi raccoglierne i frutti patogeni – retoriche tossiche, poiché tutti i governi immaginabili lo sono. Come avevamo scritto a gennaio, queste cerimonie, fortemente improntate alla celebrazione e all’epica degli eroi, sono espressione di uno spirito nazionalista a cui nessuna parte politica sembra voler rinunciare quando si trova a governare questo paese, perché utile strumento per giustificare e coprire le peggiori politiche di oggi. Non è un caso che nella recente manifestazione leghista a Pontida, il Ministro degli Interni Matteo Salvini abbia ricordato i cento anni dalla fine della Grande guerra «in onore di quei ragazzi che persero la vita e combatterono per difendere i confini», con l’invito a fare oggi altrettanto.
Parlano dei «sacri confini» di un secolo fa, ma come un secolo fa i loro confini sono «baluardi dell’italianità» segnati dal sangue degli innocenti.