Ogni anno Altitudini.it indice un Blogger Contest, un positivo stimolo che induce gli internauti a scrivere di montagna. Alpinismo Molotov non poteva mancare. Ricordiamo però che nel nostro Manifesto al punto 2 si afferma che «L’Alpinismo Molotov NON è sport, si fa senza cronometro, senza sponsor, senza fretta, senza boria. Tollerato giusto l’altimetro» per cui AM partecipa a suo modo, fuori concorso. Il tema di quest’anno è L’Avventura. Qual è dunque la via molotov all’avventura?
di Lo.Fi.
Due membri di SIC (scrittura industriale collettiva), intervistati sul n° 36 di Zapruder [1], hanno rilevato che c’è una particolare resa della scrittura collettiva nell’avventuroso. SIC, che conta 115 autori, ha dovuto ricorrere al romanzo storico [2] perché «tentare il “romanzo avventuroso di ambientazione contemporanea” ci avrebbe portati inevitabilmente a sforare in altri generi come il reportage o la letteratura di viaggio, ipotesi inattuabili in termini di scrittura collettiva, a meno che tutti gli autori non abbiano vissuto la medesima esperienza». Alpinismo Molotov fa esattamente questo. La sua specialità è il récit d’ascension collettivo e l’idea di avventura si basa sulla condivisione dell’esperienza, sempre estrema, ma al tempo dei record di velocità e di difficoltà punta a stabilire record di lentezza o di difficoltà su terreni facili. Deve il suo nome, d’altronde, a un prestito da CalcioMolotov, il cui motto in brutta sostanza è “vinca il peggiore”, per cui il suo estremismo è ad esempio salire il Triglav a Ferragosto: se non ci vai in quei giorni non capirai cosa significhi per quella povera montagna essere la sola raffigurata su una bandiera nazionale.
L’Avventura è raggiungere il Rocciamelone, Val di Susa, da Trieste, usufruendo soltanto di treni regionali e autobus. Complicare, problematizzare, vedere il conflitto dietro la montagna, questo è la via molotov. Una via antifascista, ma non da legge Scelba: se è vero che con AM sono andato in Istria per disinfettarne la vetta massima dai proclami nazional-revanscisti di CasaPau, è pur vero che la nostra avventura origina da un libro – Point Lenana – in cui il protagonista sale sul mt.Kenya per piantarci il tricolore. L’ispirazione è Furio Jesi: si combatte le “idee senza parole”, quell’assoluto che in politica genera assolutismo mentre in montagna attanaglia spesso i récit, rendendoli pedanti, sempre uguali, che siano quelli del top climber o dell’amatore domenicale, quando entrambi inciampano nell’ineffabile. Si vuole forzare le maglie dell’immaginario alpinistico, narrando ad esempio un récit de descente, perciò ci si arrovella sulla diatriba: la montagna sta dentro o fuori la società? Wu Ming 1 nella galleria del Castelletto (quindi ben dentro la montagna) ha così riassunto la questione: «vai in montagna per stare lontano dai rompicoglioni, o sei tu il rompicoglioni che va in montagna?»
Nella montagna forse cerchi il fuori, l’outdoor, come Felice Benuzzi che ha addirittura associato alla scalata del Kenya l’evasione dal campo di prigionia. Ma poi si arriva in cima e si scopre che si è sempre rimasti dentro, proprio come Benuzzi sulla Punta Lenana, perché l’essere umano è inevitabilmente un “rompicoglioni” e il primo sbaglio è occultarlo a sé stessi. Ma Benuzzi torna indietro diverso, con una nuova consapevolezza. Vai in montagna per capire che l’avventura è in ogni giorno, in ogni istante, in ogni momento.
NOTE:
[1] Di chi è la Resistenza?, pp. 88-92
[2] In territorio nemico, Minimum Fax, 2013