di Lo.Fi.
L’avevamo già segnalato nelle vesti di reportage su Internazionale, ora – dal 4 giugno – è diventato un libro.
Non è il primo libro a menzionare Alpinismo Molotov, primato che spetta a Diario di zona del nostro Yamunin, ma è il primo a spiegarlo con qualche riga (cfr. p. 211 – sezione “Un altro viaggio lungo e strano” ) e a citare esplicitamente il presente blog.
Non è una recensione facile questa, poiché il libro in questione è esso stesso una grande recensione del Nordest, o perlomeno di quell’Ulisse cialtronesco che rigurgita nel presente dalle sue bocche più ignoranti, come una sinfonia cacofonica composta dalle voci di chi tenta di fuggire da identità imposte per finirne in altre ancora più plumbee, alla stregua di un bad trip collettivo. Una sindrome comune alle terre contese, dove i più subdoli e disparati interessi in campo mettono in mano megafoni agli ebeti più allucinati, incuranti dei disturbi psicotici di massa che ingenerano grazie all’humus creato da un secolo di tossine e folies à plusieurs sedimentate. L’epicentro, o l’agente patogeno primario, di questo sisma/epidemia Wu Ming 1 lo individua nella guera granda. Ogni neoplasia identitaria del Nordest fa infatti perno, per un verso o per l’altro (e non sempre consciamente), su quel trauma primario, un evento che ha trasformato irrimediabilmente quelle terre e il loro clima estinguendo per sempre l’ecosistema sociale precedente come un meteorite con i dinosauri. Oggi, apprendisti stregoni sia istituzionali che dilettanteschi cercano di riportare in vita quei fossili.
Una consistente parte di tali esperimenti alchemici si proiettano sulle Alpi, lo scenario più assurdo ed emblematico della prima guerra mondiale, ed anche il più tecnicizzato. Identità, confine (o fronte) e nemico sono i tre elementi immancabili di queste reazioni chimiche (Identità + confine = nemico, nemico + confine = identità etc.), sia che si voglia edificare la patria nazionale che quella regionale, apparentemente antagonista. I monti, confini naturali delle valli, e la grande guerra, confine storico tra epoche, diventano quindi i teatri privilegiati di questa operazione in quanto apparente punto di fusione di natura, cultura e storia.
Può sembrare facile arrivare a queste conclusioni, ma non lo è, per sviscerare le direttrici di tale inquinamento occorre “saperci fare con il sintomo” e Wu Ming 1 si allena da anni allo scopo, percorrendo avanti e indietro il Nordest. Non è da tutti riuscire a trovare i punti di contatto tra l’erosione del territorio e l’erosione della Storia, e ancora, cosa c’entrano Putin, il Veneto e le nutrie? Quella che a prima vista può sembrare nient’altro che provincia dimenticata può sorprendere, se guardata con le adeguate lenti. Cent’anni a Nordest è un buon paio di occhiali, di quelli speciali che permettono di vedere la mostruosità dietro al velo della farsa quotidiana.
Questa recensione prosegue idealmente sulle montagne che quest’anno come non mai saranno oggetto di enigmatico turismo “della memoria”. Come già è stato proposto a Gorizia il 23 maggio scorso, invitiamo tutt* a salire sui monti per disinnescare gli ordigni tossici di quell’assurdo carnaio, sia che celino apologhi nazionalisti mascherati da pietà per i caduti, sia che celino microidentità mitiche come quella degli schützen, ancor più impelagate in torbidi schemi blut und boden. Lo strumento principe è quello ormai consolidato delle spedizioni antitetaniche (e di ferraglia infetta sulle Alpi Orientali ce n’è…), dunque andiamo ad esercitare il nostro senso del sintomo sulle Dolomiti, sulle Carniche, sulle Retiche! let’s go up to the mountains ¡Vamos a la montaña! Hajdemo u planine! Contro nazionalismi hipster e trickster.
Cent'anni a Nordest: prime recensioni e interviste #100anniaNordest - Giap
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[…] Lorenzo Filipaz recensisce Cent’anni a Nordest su Alpinismo Molotov […]
vito66
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Ho appena avuto il piacere di terminare Cent’anni a Nordest. Altr* commenteranno, o l’hanno già fatto, a proposito di quello che precede la frase “Bentornati, fantasmi della diserzione” (p. 203). A me piace qua soffermarmi invece sulla trasformazione che Wu Ming 1 e i suoi compadres stanno imponendo a quella che di solito era una lista di fonti, statica e fredda, spesso apposta solo per poter dotare la propria opera di una qualche stampella cautelativa (“Li ho messi in bibliografia, sono a posto”) in fin di testo. Nella formula adottata e continuamente ripensata da Wu Ming, il percorso di formazione e preparazione alla scrittura, cioè ciò che viene prima della stesura, anziché rimanere al di fuori della storia narrata ne diviene parte e cornice, posta in fin di testo così da permettere a chi legge di contestualizzare e accompagnare la genesi dell’opera quasi come se fosse nella borsa degli autori, una riuscita forma di hysteron proteron contenutistico affascinante, un viaggio a ritroso e allo stesso tempo a fianco della storia che si sta formando. Fa riflettere, ma per ora mi fermo qua.
#100anniaNordEst: Fahrenheit, recensioni... e il «Ventre della Bestia Mini-Tour»! - Giap
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[…] Chi ha letto la versione ridotta del reportage apparsa in tre puntate su Internazionale ricorderà che la puntata sui disertori era nel mezzo. Lavorando al libro, ho deciso di spostarla alla fine, soprattutto perché volevo chiudere con le numerose richieste, avanzate da comitati di cittadini e/o da singoli intellettuali, di riabilitare i decimati, i disertori, le vittime di giustizia sommaria, nonché togliere i nomi dei criminali di guerra dalle vie del Nordest (ma vale per tutta l’Italia). Di quello che nel libro precede il silenzio parla lo studioso di letteratura Maurizio Vito in un commento sul blog Alpinismo Molotov: […]